Il suicidio come soluzione alle proprie difficoltà crea sempre una certa inquietudine, un misto di sentimenti contrastanti e soprattutto condanna e pena come reazione alla aggressività che viene stimolata. L’uccisione di se stessi, l’atto in cui ci si dà la morte di propria volontà non può che porci nella antitesi vita-morte e nella necessità della prevenzione e della valutazione delle conseguenze negative e dannose di un evento la cui natura presenta sempre aspetti enigmatici.
Fondamentale è comunque la necessaria valutazione dell’energia presente nel suicida che vuole riaffermare proprio quella Vita che sta negando e soprattutto la possibilità di una rinascita, di una trasformazione, di una metamorfosi che possa consentire di vincere la Grande Madre terrifica, l’impotenza di fronte al destino e l’inautenticità dell’esistenza.
La via terapeutica è quindi per tutti coloro che sono coinvolti in questa annunciata “catastrofe” quella di mettersi in discussione, di avere coraggio, di accettare ed elaborare la disperazione e di entrare in extremis, in un silenzio di lutto, nella metafora fondamentale del salvare la Vita. La superficialità, la forza ed insieme la leggerezza con cui oggi si parla di suicidio al grande pubblico di lettori ed ascoltatori, distolgono dal dovere di individuare di esso le profonde, esatte, complesse cause che lo provocano o peggio addirittura tendono a strumentalizzare questo atto estremo per giustificare, allarmando, la situazione di crisi economico sociale attualmente in atto. Infatti tali notizie date in modo così tragico, violento ed emotivamente coinvolgente, senza una profonda spiegazione dei tanti motivi che inducono l’uomo a pensare o a mettere in atto il suicidio, indizi radicati nel tempo, profondi, male elaborati e magari per nulla condivisi con chi sta loro attorno, devono accompagnare il servizio informativo ed evitare in tutti i modi che esso invece venga recepito come modello da imitare, come estrema ratio da perseguire da parte di coloro che sono in particolari difficoltà e quindi più fragili.
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